Cresce la preoccupazione sul mercato cinese. La guerra sta mettendo in difficoltà Pechino, che non vuole ne’ rinunciare ai legami con la Russia, ma neppure chiudere con l’Occidente.
Questa situazione in bilico crea grossi imbarazzi diplomatici, ai quali si aggiungono anche i problemi interni sul fronte Covid.
Lo scenario del mercato cinese
Sul mercato cinese infatti si è abbattuto un nuovo lockdown, che di fatto blocca 51 milioni di persone nella provincia nord-orientale di Jilin e nelle città meridionali di Shenzhen e Dongguan. Il Paese sta fronteggiando la peggiore crisi sanitaria dall’inizio del 2020, cioè dall’inizio proprio della pandemia.
Lo scoppio della guerra in Ucraina aggrava la situazione, perché a causa dei legami tra Cina e Russia, su Pechino incombe la minaccia di sanzioni occidentali. Colpirebbero le aziende Nazionali che già affrontano un momento già difficile.
La mossa della PBOC
Il mercato cinese digerisce inoltre le decisioni della People’s Bank of China, che non ha ritoccato il tasso ufficiale sui prestiti (fermo al 2,85%).
Molti speravano in un taglio, nel tentativo di attutire un rallentamento economico. La PBoC si è limitata a iniettare martedì 100 miliardi di yuan netti di prestiti FML a 1 anno, per mantenere a un livello ragionevole e sufficiente la liquidità del sistema bancario.
Le Borse e lo Yuan
Gli effetti di questo scenario si vedono sui mercati. I listini azionari del mercato cinese vanno tutti giù, come si vede su qualsiasi piattaforma trading online gratis.
Lo Shanghai Composite è sceso del 4,95%, la Shenzhen Component ha perso il 4,36%. Entrambi gli indici hanno chiuso ai livelli più bassi da giugno 2020. Tutti i settori continentali sono crollati, con perdite notevoli da Kweichow Moutai (-5,7%), Ping An Insurance (-6,9%), China Merchants Bank (-6,4%), Wuliangye Yibin -5,5%) e Aier Eye Hospital -11,4%), tra gli altri.
Cresce inoltre la pressione sullo yuan cinese, come ben sa chi adotta una strategia swing trading forex. Il cambio tra il dollaro e la valuta cinese è salito ai massimi di novembre a quota 6,40.
Il clima di sfiducia che circonda la Cina non è stato neppure scalfito dai buoni dati arrivati da Pechino su investimenti, vendite al dettaglio e produzione industriale.