Quando si parla di lavoro al femminile, l’Italia ha ancora alcune spine che non riesce proprio ad estirpare. E siccome si avvicina il giorno Internazionale della violenza sulle donne (25 novembre), bisogna comprendere che oltre quella fisica esistono anche altre forme di violenza, che sono altrettanto ripugnanti.
Le donne e il lavoro
In Italia vantiamo purtroppo due tristi primati riguardo al lavoro femminile. Siamo il Paese d’Europa col più basso tasso di occupazione femminile, appena il 38% contro il 49% della media europea. In secondo luogo, siamo il Paese con il più grande divario retributivo tra tutti i 35 che compongono l’area Ocse.
Due aspetti che evidenziano in modo chiaro che esiste un grosso problema che dobbiamo necessariamente affrontare in maniera decisa.
Le nostre giovani laureate, quelle che hanno la fortuna di trovare un impiego a tempo pieno e senza interruzioni, guadagnano in media il 58% dello stipendio dei colleghi uomini. Inoltre la loro presenza nelle posizioni apicali è decisamente scarna, e raramente assumono posizioni di qualifica pregiata.
Alcune motivazioni del divario uomo-donna
Le ragioni per cui esiste questo enorme divario tra lavoro maschile e femminile sono di vario genere.
La partecipazione delle donne al mercato del lavoro si concentra in alcuni settori decisamente meno remunerativi di altri. Nonsotante la crescita nel numero di lavoratrici che hanno accesso all’istruzione universitaria, le neolaureate continuano a essere sottorappresentata nelle occupazioni meglio retribuite e nelle posizioni di vertice.
C’è poi il problema di conciliare occupazione e famiglia.
Le conseguenze
Questo gender gap in ambito lavorativo produce impatti negativi nella vita delle donne. Guadagnando meno, hanno una minore libertà finanziaria. Alcuni dati sono eclatanti: il 60% delle donne delega la gestione economica al partner, soltanto il 58% ha un conto corrente intestato personalmente, e addirittura il 4,8% non ne ha neanche uno.
Anche questa è una forma di violenza indiretta.