Niente tagli al costo del denaro. Nella prima riunione di politica monetaria del 2025, la Federal Reserve non raccoglie l’invito di Trump ad abbassare i tassi di interesse e va avanti per la propria strada, confermandoli allo stesso livello.
La FED e i tassi di interesse
La banca centrale americana ha mantenuto i tassi di interesse nell’intervallo tra il 4,25% e i 4,5%, peraltro con una decisione unanime. Nessuno era d’accordo con Trump. Parlando la settimana scorsa al Forum di Davos, il presidente aveva invitato i membri del comitato di politica monetaria americana a tagliare il costo del denaro per stimolare la crescita economica. Non era stato affatto tenero con l’istituto centrale, bocciando severamente le politiche seguite negli ultimi anni.
Chiaramente Trump non è stato soddisfatto dell’esito della riunione del Fomc, dicendo che sarà lui a fermare i problemi causati anche dalla banca centrale, stimolando la produzione energetica americana, tagliando la regolamentazione e riequilibrando il commercio internazionale.
Nessuna fretta, l’inflazione è ancora alta
Secondo l’istituto centrale americano non c’è fretta di rivedere i tassi di interesse. Quello che però colpisce maggiormente è che nella dichiarazione di accompagnamento alla decisione, la Fed non ha più fatto riferimento a un’inflazione che si muove verso il target del 2%, sostituendola con l’affermazione che l’inflazione rimane ancora “piuttosto elevata“. I mercati hanno letto questo approccio molto cauto come una frenata rispetto al ciclo di taglio dei tassi in corso, e adesso molti ritengono che le sforbiciate quest’anno non saranno più due ma una soltanto.
Per questo motivo l’indice del dollaro statunitense è rimasto attorno alla soglia di 108 dopo la riunione della Fed. Ma è stata una seduta molto volatilte, tanto che all’inizio sembrava di vedere una candela hanging man trading (che preannuncia ribassi).
Il futuro
Sulle prossime riunioni di politica monetaria la Banca Centrale è rimasta sul vago, riconducendo le prossime decisioni ai dati macroeconomici che arriveranno di volta in volta. È chiaro che molto dipenderà anche dalle conseguenze delle scelte di politica economica e fiscale da parte di Trump, e soprattutto dalla sua politica di dazi commerciali che rischiano di innescare una nuova fiammata dell’inflazione, proprio adesso che gli indicatori di inversione trend sembravano consolidare la sua discesa.