Anche se i numeri del lavoro in Italia a gennaio inducono all’ottimismo, ci sono diverse zone d’ombra. La più inquietante riguarda i così detti “neet”, ossia quelli che non hanno un lavoro e non lo cercano, ne’ studiano.
Il mese di gennaio per il lavoro
Partiamo dai dati. Rispetto a dicembre, il report di gennaio evidenzia un numero di occupati che è rimasto stabile. Bene così, dopo la crescita osservata nei mesi precedenti. Cala il numero di disoccupati, aumentano gli inattivi e gli occupati uomini, nonché i dipendenti permanenti. Calano invece le donne e i dipendenti a termine.
Confronto anno su anno
Confrontando i dati di gennaio 2022 con quelli dell’anno precedente, la crescita delle unità di lavoro è stata di 720 mila unità. Sono aumentati notevolmente i posti a termine (11,5%) e anche quelli a tempo indeterminato (2,8%). Complessivamente è cresciuto il tasso di occupazione (2,4%), ed il numero di occupati italiani ha raggiunto 22 milioni e 817mila, ossia il 59,2% della popolazione lavorativa.
Inoltre è calato il tasso di disoccupazione, ora all’8,8%. Numericamente sono poco meno di 2,2 milioni.
Confronto con il periodo pre pandemico
Questi dati sul mercato del lavoro sono senza dubbio positivi, e danno un piccolo segnale incoraggiante dopo il terribile anno della pandemia.
Durante i primi 12 mesi della crisi sanitaria, in Italia è scomparso quasi un milione di posti di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione era arrivato a superare il 10%.
Confrontando il tasso di occupazione attuale con quello che c’era prima dello scoppio della pandemia, adesso siamo un passettino più avanti. Il livello di disoccupazione è sceso dello 0,8%.
Le zone d’ombra
Nonostante i numeri siano nel complesso positivi, ci sono alcune macchie. Ad esempio la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, che è calata a gennaio. Le donne occupate sono appena la metà di coloro che sono in età di lavoro. Una situazione che nel lungo termine potrebbe acuire il gap occupazionale di genere, il gender gap.
L’altro problema riguarda il tasso di inattività. Rispetto ai livelli pre pandemia, sono cresciuti coloro i quali non lavorano, non cercano un lavoro e non studiano. I cosiddetti neet. Il dato complessivo ci vede al quarto posto in Europa con il 25,1%, sono circa 3 milioni. Peggio di lui stanno messi solamente Macedonia, Turchia e Montenegro.