L’elevata pressione fiscale e la crescita economica modesta sono due fattori critici per le famiglie italiane. Infatti incidono in modo notevole sul reddito netto mensile, che da noi in Italia è più basso rispetto alla media Europea.
L’analisi globale sul reddito netto mensile
Quando si deve fare un confronto per stabilire il benessere delle famiglie dei vari paesi del mondo, il reddito netto mensile è la misura più affidabile. Esso infatti rappresenta quanto dello stipendio mensile rimane nelle tasche dei lavoratori dopo aver pagato le imposte, i contributi e altre trattenute fiscali. Rappresenta quindi in sostanza la reale disponibilità finanziaria di un individuo o una famiglia per far fronte alle spese quotidiane, alimentare il proprio risparmio oppure investire.
Dal momento che il costo della vita e il sistema fiscale sono fattori molto eterogenei fra i vari paesi, il reddito netto mensile e più affidabile come misura del benessere, rispetto ad esempio al confronto tra i salari lordi o al PIL pro capite.
I dati dei vari paesi
In base ai dati che sono stati pubblicati dall’OCSE nel 2025, i Paesi con il reddito netto mensile più elevato sono Svizzera, Lussemburgo e Stati Uniti, ossia tre delle economie più sviluppate del mondo. Anche se in questi paesi il costo della vita è molto elevato, gli stipendi che vengono percepiti lo sono altrettanto e quindi consentono un buon livello di consumi e di risparmio da parte delle famiglie e degli individui.
L’analisi dell’Europa
Tra i vari paesi d’Europa è interessante osservare come emerga una forte spaccatura tra Est e Ovest. Il reddito netto mensile dei paesi dell’Europa orientale infatti è generalmente più basso. In Bulgaria e Romania ad esempio sono poco oltre 1000 dollari al mese. Invece in Germania e Francia superiamo rispettivamente 3.200 e 2600 dollari al mese.
L’Italia invece ha un reddito netto mensile pro capite di circa 1800 dollari, che gli valgono il trentatreesimo posto nella classifica mondiale. Ma siamo comunque al di sotto della media dell’Europa Occidentale. Il motivo è quello che abbiamo detto all’inizio dell’articolo, ossia l’alta pressione fiscale sul lavoro e una crescita economica che rimane comunque modesta.
