Si fa sempre più pesante la situazione attorno al peso argentino, che ha aggiornato più volte i minimi storici contro il dollaro nei giorni scorsi. L’ultima appena a inizio di questa settimana, quando il cambio tra il biglietto verde e la valuta argentina è salito a 77,05.
La crisi economica e la valuta
L’andamento in declino dalla valuta sudamericana è il riflesso fedele della situazione economica del Paese. La recessione economica è profondissima. L’economia dell’Argentina nel secondo trimestre si è contratta al ritmo record del 19,1% rispetto a un anno prima. La produzione è diminuita più rapidamente per il settore manifatturiero (-8,1% contro -5,4% ad agosto); commercio all’ingrosso e al dettaglio (-5,8% contro -1,4%) e servizi di ristorazione e alloggio (-65,4% contro -61,9%). Su base destagionalizzata, l’attività economica è cresciuta dell’1,1% dopo un aumento del 7,5% rivisto a giugno.
Lavoro e Covid
Intanto il tasso di disoccupazione ha raggiunto il massimo degli ultimi 16 anni del 13,1%. Il numero di disoccupati è salito da 43mila a 1437mila durante la pandemia, mentre l’occupazione è scesa di 2455mila al minimo di 15 anni di 9546.
A tutto questo si aggiungano le crescenti preoccupazioni per l’aumento dei contagi da coronavirus.
La politica monetaria
La banca centrale di Buenos Aires ha varato misure eccezionali per cercare di arginare il declino. Il 15 settembre ha rafforzato i controlli sull’acquisto di dollari sul mercato dei cambi, sulle transazioni riguardanti obbligazioni denominate in dollari e sugli acquisti con carta di credito effettuati in valuta estera. L’obiettivo è contenere la svalutazione del peso e allo stesso tempo frenare la diminuzione delle riserve. Ma nonostante questi sforzi, finora i segnali di trading forex sicuri continuano a puntare contro la valuta argentina.
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Nuovo intervento del FMI
Nel frattempo il Fondo monetario internazionale sta negoziando con il governo di Alberto Fernández un programma di ristrutturazione del debito che il paese sudamericano ha contratto con il Fmi nel 2018. Si tratta di 44 miliardi di dollari sugli oltre 56 messi a disposizione all’allora governo di Mauricio Macri.