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Mercato dell’auto elettrica, sinergia USA-Cina per produrre vetture in Italia

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Un’azienda cinese e una americana lanceranno nel 2021 un veicolo elettrico prodotto in Emilia Romagna

Sono anni che si sente dire che il mercato dell’auto elettrica è prossimo al boom. Tuttavia, anche se la crescità c’è ed è evidente, non si può affatto parlare di boom. Ma le cose potrebbero cambiare presto, e un beneficio potrebbe averlo anche l’Italia. Già perché proprio nel nostro territorio, in Emilia per la precisione, un’azienda cinese e una americana hanno pianificando un grosso investimento. Si parla di un miliardo, grazie al finanziamento della banca d’affari Rothschild.

La novità sul mercato dell’auto elettrica

Le due aziende in questione si chiamano FAW, gruppo cinese e statale che vende quasi 4 milioni di veicoli l’anno, mentre quella americana è una start up che si chiama Silk Ev, specializzata in ingegneria e design. Il loro piano prevede di creare in Emilia-Romagna un sito per la progettazione, ingegnerizzazione e produzione di vetture di alta gamma elettriche e plug-in, sportive e supersportive comprese. La Silk Ev ha peraltro già una sede operativa a Modena, oltre alla casa madre a New York e una in Cina, a Changchun. Proprio in questo luogo è prevista la creazione di un’altra fabbrica per produrre veicoli a marchio Hongqi, i preferiti dell’ex dittatore Mao Zedong.

Benefici sull’occupazione

In Emilia potrebbe quindi concretizzarsi il primo sbarco cinese in Europa sull’auto elettrica. Quando la produzione verrà avviata, dovrebbe consentire l’impiago di circa 2mila persone. Di questi tempi in cui l’occupazione italiana è in piena crisi, non è roba da poco. La prima auto elettrica  – chiamata Job 1 – dovrebbe vedere la luce ad autunno 2021.

Il vantaggio competitivo della Cina

Sul mercato dell’auto elettrica la Cina può contare su un grosso vantaggio: le batterie. Il Paese del Dragone infatti si è mosso in anticipo per mettere le mani su gran parte dei giacimenti di nickel e cobalto, minerali necessari per la realizzazione delle batterie. Ma ha pure colonizzato l’Africa e in special modo il Congo e chiuso accordi decennali per lo sfruttamento del litio in Sud America. A conti fatti, Pechino ora controlla il 90% delle materie prime. Chi vuole entrare nel business, deve perciò necessariamente fare affari con la Cina. Vale soprattutto per Europa e Stati Uniti, visti i requisiti sempre più stringenti sulle emissioni e sullo stock di elettrico da produrre per rispettare i parametri. Per questo molti grandi produttori stanno investendo fiumi di denaro per progettare batterie che facciano a meno del Cobalto. Finché non ce la faranno, saranno costretti a lanciare sul mercato modelli troppo costosi proprio per via delle batterie.

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