La crisi economica innescata dalla pandemia ha reso ancora più prudenti gli italiani, che sono tradizionalmente un popolo di formichine. La paura di vedersi decurtate (o addirittura azzerate) le proprie fonti di guadagno, ha spinto i cittadini ad essere molto più cauti. Tanto che nel secondo trimestre dell’anno la propensione al risparmio è salita al 18,6%, più che doppio rispetto a quella di fine 2019.
L’atteggiamento sul risparmio
Questo discorso non vale soltanto quando si tratta di fare spese, ma in generale. Infatti anche chi ha dei risparmi, preferisce tenerseli piuttosto che impiegarli. Lo evidenzia i dati dell’ABI, l’associazione delle banche, secondo la quale gli italiani hanno parcheggiato sui loro conto correnti qualcosa come 1.700 miliardi di euro. L’importo tiene conto di depositi in conto corrente, certificati di deposito e pronti contro termine.
Che la situazione si sia fatta più “seria” a causa del Covid, lo dimostra il confronto anno su anno. Rispetto a questo periodo del 2019, sui conti ci sono 125 miliardi in più, ossia l’8%.
Eppure i tassi di interesse…
Altra cosa interessante da notare, è che su questo incremento non possono certo aver inciso le condizioni di mercato. Infatti nell’ultimo anno i rendimenti si sono azzerati, così come in tutto il mondo. La remunerazione media dei depositi è infatti soltanto dello 0,33%, che nel caso dei conti correnti scende fino a pochissimi centesimi sopra lo zero.
Circolo vizioso
Questo scenario non riguarda peraltro solo i privati cittadini, ma anche le imprese (sia le piccole che medie imprese). Le nostre aziende infatti rimangono sul chi va là, e preferiscono tenere al sicuro i soldi in banca, evitando di investire. Le imprese hanno infatti accresciuto i depositi in banca del 22% a luglio e del 18,7% ad agosto.
Il problema è che proprio la diffusione di questo comportamento, crea un circolo vizioso che deprime l’economia. Se i consumatori non consumano e le imprese non investono, si blocca tutto. Per la Banca d’Italia, l’incertezza che condiziona i consumi è il principale rischio per la ripresa dell’economia, come chiaramente detto nel Bollettino economico pubblicato sulla base dei dati disponibili fino al 9 ottobre.
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