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Stipendi, è stato un triennio nero per l’Italia

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Mentre l’inflazione cresceva a dismisura, i salari sono cresciuti in misura corrispondente, alimentando così il disallineamento

Quando si parla del mercato del lavoro in Italia, ci sono sempre diversi punti di vista e diverse prospettive da cui analizzare i dati. Quello che è certo è che in relazione al fattore stipendi le cose non sono mai andate bene e stanno andando anche peggio da un po’ di tempo a questa parte.

Numeri sul lavoro e numeri sugli stipendi

stipendi italiaSe guardiamo soltanto alcuni numeri, come quelli relativi agli occupati e alle ore lavorate, nonché al rapporto tra occupati e contratti a tempo indeterminato, le cose sembrerebbero andare benissimo. Ma basta spostare il punto di vista sugli stipendi e il discorso cambia completamente.

Se guardiamo infatti all’andamento degli stipendi, continua ad avere conferma una drammatica caratteristica dell’economia italiana degli ultimi decenni. I salari non crescono in misura adeguata rispetto alla crescita dell’inflazione.

Il peggioramento degli ultimi anni

Nell’ultimo triennio le cose sono andate decisamente di male in peggio. La crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina ha provocato la corsa feroce dell’inflazione. Nel frattempo però gli stipendi non sono cresciuti in misura corrispondente, alimentando così il disallineamento fra salari e prezzi.

Tutto questo trova conferma anche nell’aumento del numero di individui che sono in disagio economico, tanto che le persone che sono in povertà o a rischio di esserlo sono circa 14 milioni sul nostro territorio nazionale.

Un numero eclatante

Una fotografia limpida della situazione la offrono due dati. L’indice Istat delle retribuzioni contrattuali durante tutto il periodo post pandemico è cresciuto del 5,4%. Nello stesso lasso di tempo l’inflazione è invece stata del 16,2%. Gli stipendi reali quindi nel giro di 4 anni si sarebbero contratti del 9,3%.

Le cose vanno leggermente meglio se guardiamo invece ai salari “di fatto”, ossia quelli che tengono anche conto dell’evoluzione delle retribuzioni contrattuali (incorporando scatti di anzianità progressione di carriera e bonus) visto che in questo caso durante l’intero periodo dall’inizio della pandemia sarebbero aumentate del 7,8%. La riduzione in termini reali sarebbe così “solo” del 7,2%.

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