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Pagamenti, le nostre PA rimangono ancora delle lumache (soprattutto al Sud)

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Lo scenario peggiore si vive al Sud, a Napoli arrivano a 143 giorni di ritardo

Continua ad essere invariata e costante una brutta abitudine della nostra pubblica amministrazione, ossia quella di effettuare in notevole ritardo i pagamenti ai propri fornitori. E siccome i beneficiari sono spesso piccole imprese, le mettono in grande difficoltà.

Lo scenario pessimo riguardo ai pagamenti

pagamentiIn base agli ultimi dati che emergono dalle analisi della Corte dei Conti, nel 2023 lo stato italiano ha dovuto sostenere spese per circa 122 miliardi, ma solo una parte di questa somma è stata poi regolata con i debitori, visto che rimangono ancora 50 miliardi di euro di debiti commerciali della nostra Pubblica Amministrazione (PA).

Un importo che praticamente è costante da almeno 5 anni. Significa che nella puntualità dei pagamenti non riusciamo proprio a fare passi in avanti.

Mezzogiorno più lumaca

Lo scenario peggiore si vive al Sud, dove ci sono i Comuni più “lumaca”. A Napoli i pagamenti ai fornitori avvengono con 143 giorni di ritardo. Seguono Andria con 89,5 giorni di ritardo, Chieti con +61,8 e poi ancora sud: Reggio Calabria con +54,8, Agrigento con +53,5.

Le prassi più deplorevoli

Va peraltro sottolineato un aspetto che la stessa Corte dei Conti censura. Quale? La nostra PA paga in modo pressoché puntuale le fatture di importo maggiore, quelle che incidono sull’Indicatore di Tempestività dei Pagamenti (ITP), così da apparire un cliente impeccabile. Quelle invece di minore entità vengono invece intenzionalmente messe in attesa. Ma siccome questi pagamenti generalmente sono a favore di imprese minori, che crea un danno pesante nell’equilibrio economico-finanziario.

Un altro abuso che si sta facendo strada

C’è però anche un’altra prassi ancora peggiore, che da qualche tempo si sta consolidando. Le PA decidono in modo unilaterale quando i fornitori devono emettere la fattura, così da far sembrare i ritardi nei pagamenti meno evidenti (visto che la data corrisponde solo a quella in cui la PA dispone dei soldi per liquidarla).

Questa prassi contiene una minaccia implicita, perché se il fornitore non si “attiene” a questa disposizione, sarà più difficile lavorare in futuro per l’ente/società in questione.

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