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OPEC: cos’è, cosa fa e quali paesi ne fanno parte

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Il cartello dei produttori difende gli interessi economici dei suoi Stati membri e rafforza il loro potere negoziale nel mercato petrolifero

Il 14 settembre 1960, a Baghdad, cinque Paesi che erano tra i maggiori produttori di petrolio al mondo decisero di creare un cartello economico, ossia una organizzazione per uniformare le proprie politiche in materia di greggio. Nacque così l’OPEC, acronimo di Organization of the Petroleum Exporting Countries (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio).
La prima sede dell’OPEC venne stabilita a Ginevra, ma dal 1965 è stata trasferita a Vienna.

I paesi membri dell’OPEC e l’OPEC+

petrolioI fondatori e primi membri del cartello erano Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita e Venezuela. Successivamente, nel corso degli anni, altri Paesi hanno aderito all’organizzazione (Libia, Emirati Arabi Uniti, Algeria, Nigeria, Angola, Gabon, Guinea Equatoriale e Repubblica del Congo) mentre altri l’hanno abbandonata (Indonesia, Angola e Qatar).

Bisogna però evidenziare che oltre ai paesi che sono membri dell’OPEC, ci sono altri Paesi che non fanno formalmente parte nel cartello, ma si confrontano e si coordinano con esso come se lo fossero (il maggiore di questi stati non-membri è la Russia). Ecco perché si parla più spesso di OPEC+, ossia questa versione “allargata” del cartello. Il paese leader è l’Arabia Saudita, in quanto unico membro con capacità di scorta e la possibilità di aumentare la produzione, se necessario.

Gli obiettivi dell’OPEC

Per quale ragione i maggiori produttori di petrolio al mondo hanno deciso di fondare questa organizzazione?
Originariamente l’OPEC nacque per contrastare il predominio economico delle aziende petrolifere anglo-americane, che all’epoca controllavano in modo pressoché assoluto l’intera filiera produttiva del greggio. Queste aziende (conosciute come “sette sorelle“) a loro volta si erano unite già nel 1928 in un cartello.

Oggi invece l’obiettivo dell’OPEC è assicurare gli interessi economici dei suoi Stati membri e rafforzare il loro potere negoziale nel mercato petrolifero. Per centrare questi scopi, l’OPEC coordina le politiche di produzione e esportazione di greggio, in modo da stabilizzare i prezzi e proteggere gli interessi economici dei suoi paesi membri.

Come agisce l’OPEC sui prezzi del petrolio

Periodicamente i membri del cartello si riuniscono in meeting per stabilire le quote di produzione di ciascuno di loro, in base a quelle che sono le condizioni di mercato del momento e alle prospettive future. Generalmente alla Conferenza partecipano, per ogni paese membro, i rispettivi Ministri del petrolio, minerali ed energia. A capo delI’organizzazione c’è un Segretario generale, che viene nominato, per merito o tramite rotazione, dall’Assemblea dell’OPEC.

Ma come fa l’OPEC a controllare il mercato?
Quando il prezzo è ritenuto troppo basso, ossia non più in grado di assicurare entrate congrue agli Stati membri, questi ultimi concordano di abbassare il livello di produzione in occasione dei loro meeting periodici. In tal modo, abbassando l’offerta di greggio sul mercato, il prezzo sale.
Quando il prezzo è molto alto e già assicura entrate cospicue agli Stati membri, questi ultimi concordano di alzare il livello di produzione. In tal modo aumentano l’offerta di greggio sul mercato, ma anche se il prezzo scende possono compensare questa discesa con i maggiori volumi che vendono.

Le frizioni all’interno dell’OPEC

petrolioAnche se apparentemente questo “schema” sembra abbastanza lineare, in realtà le cose non vanno sempre come sperato, e non sempre c’è stata una vera collaborazione tra i membri OPEC. Pur essendo quasi tutti maggiori produttori di petrolio al mondo, possono avere esigenze diverse: ogni Paese ha una propria condizione economica e delle proprie priorità, perciò capita che alcuni partecipanti possono voler aumentare la produzione di petrolio per massimizzare le proprie entrate, mentre altri potrebbero preferire tagli alla produzione per mantenere i prezzi alti.

Ecco perché nel corso del tempo infatti molti Paesi membri hanno “barato” sulle loro quote produttive, sforandole per difendere i propri interessi nazionali. L’Arabia Saudita – il paese leader del gruppo – ha dovuto spesso fare da paciere per riuscire a tenere unito il cartello, talvolta tagliando volontariamente la propria produzione per compensare gli sforamenti altrui.

Il potere economico e politico dell’OPEC

Il petrolio è la materia prima energetica più importante al mondo, perché viene utilizzato per creare un’ampia gamma di carburanti e fornisce prodotti raffinati fondamentali per altre industrie, come quella petrolchimica e dell’asfalto. Ecco perché il ruolo dell’OPEC è cruciale, dal momento che esercita un’influenza enorme sul mercato che viene contrastata soltanto dall’industria estrattiva americana e di pochi altri Paesi.

La forte influenza economica dell’OPEC gli conferisce anche un importante ruolo politico, visto che i suoi membri controllano circa il 79% delle riserve mondiali accertate di petrolio e forniscono il 39% della produzione mondiale.
Per dare l’idea del potere politico del cartello, durante la crisi energetica del 1973 (grande shock petrolifero), l’OPEC si rifiutò di spedire petrolio verso le nazioni occidentali che avevano sostenuto Israele nella guerra del Kippur contro l’Egitto e la Siria. Questo rifiuto provocò un incremento del 70% nel prezzo del greggio, che durò per cinque mesi.

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