La crisi degli ultimi anni ha creato una situazione molto complicata per le imprese che operano nel settore agroalimentare, dove il tasso di fallimenti e cresciuto fino al 4%, secondo uno studio realizzato da CRIF ratings.
La situazione delle imprese agroalimentari
A causa di un contesto macroeconomico fortemente instabile, le performance del settore agricolo e di quello alimentare si sono compromesse, anche se in misura differente.
In base all’analisi condotta dall’agenzia di Rating del gruppo CRIF su un campione di circa 11.000 imprese, emerge che nel settore alimentare il tasso di default si aggira attorno al 4%, mentre in quello agricolo hanno superato il 2%.
Redditività e rischio
Le imprese agroalimentari hanno visto crescere il loro fatturato grazie soprattutto ad una generale crescita del valore prodotto e dell’inflazione, che ha portato le aziende ad un aumento del proprio listino prezzi.
Tuttavia al tempo stesso si è impennata la rischiosità, come riflesso della forte esposizione del comparto all’incremento dei prezzi delle materie prime e dell’energia.
L’effetto dell’inflazione dovrebbe continuare a far progredire il fatturato anche nel corso del 2023, ma allo stesso tempo i margini operativi rimarranno sotto pressione.
Un livello di rischio elevato
Se si effettua un confronto tra l’indebitamento delle imprese agroalimentari e quello medio a livello nazionale, si evidenzia un maggiore livello di rischio. Nelle imprese agricole il debito finanziario lordo è quasi 7 volte sopra il margine operativo lordo. Nel settore alimentare questo rapporto scende a 4 volte, ma rimane comunque ben oltre la mediazione.
La ragione di tutto ciò è che durante la pandemia le aziende hanno fatto sempre maggiore richiesta ricorso al credito, accumulando così una grossa massa di debiti.
Il contesto macroeconomico ha impedito che ci fosse un riassetto, dopo il ritorno ai livelli di attività pre pandemia.