La banca centrale della Cina ha deciso di correre ai ripari, dopo gli ultimi dati che confermano la frenata dell’economia cinese.
La People’s Bank of China ha infatti tagliato i tassi di interesse, abbassandoli al 2,75%. Si concretizza così il primo taglio dei tassi di interesse da 7 mesi a questa parte.
L’istituto centrale ha anche ridotto il tasso pronti contro termine a sette giorni al 2%.
I dati sull’economia cinese
A spingere verso questa mossa la Banca Centrale cinese è la situazione economica Nazionale. L’istituto di statistica ha evidenziato una forte frenata della produzione industriale, che nel mesi di luglio è cresciuta solo del 3,8%. Le previsioni erano per il 4,60%, mentre il mese precedente la crescita era stata del 3,9%.
Anche le vendite al dettaglio hanno segnato una frenata. C’è stata infatti una crescita 2,7%, contro il %% atteso dagli analisti e il 3,1% del mese precedente. Pur segnando il secondo mese consecutivo di aumento delle vendite al dettaglio, l’ultima stampa ha evidenziato una traballante ripresa dell’economia cinese.
Previsioni incerte
L’economia cinese ha intrapreso un percorso difficile verso la ripresa, mentre continua a fare i conti con i ricorrenti focolai di Covid-19, i rischi del settore immobiliare e le tensioni ribollenti con gli Stati Uniti su Taiwan.
Secondo la Banca Centrale c’è il forte rischio di stagflazione per l’economia mondiale, mentre per quanto riguarda l’economia cinese la Banca Centrale parla di una ripresa e poi in base non sono ancora solide.
Annotazione: quando si negoziano valute esotiche, è interessante adottare la strategia media mobile RSI.
Cala lo Yuan
Dopo la mossa della banca centrale, che ha tagliato a sorpresa il costo del denaro, lo Yuan cinese ha perso terreno rispetto al dollaro americano.
Il rapporto di cambio USDCNH è rimbalzato sulla Ema50, schizzando verso l’alto. Adesso sta testando la resistenza statica a 6,78 dopo aver disegnato un hammer analisi tecnica.
Negli ultimi tempi la valuta di Pechino si era risollevata grazie soprattutto alla debolezza del dollaro, dopo la frenata dell’inflazione negli Stati Uniti.