Quando sentiamo parlare di questioni economiche, uno dei termini che ascoltiamo (o leggiamo) più spesso è INFLAZIONE. Cos’è? Adesso lo andremo a vedere, scopriremo il significato di inflazione e quali conseguenze può avere sulla quotidianità se è troppo bassa o troppo alta.
Definizione e significato di inflazione
I prezzi dei prodotti di ogni genere (da quelli alimentari ai servizi, passando per quelli tecnologici e industriali) sono soggetti a normali oscillazioni. Il costo di un chilo di pane oggi non è lo stesso di un anno fa, e sarà probabilmente diverso anche l’anno prossimo.
La definizione di inflazione è “una CRESCITA GENERALE dei prezzi di beni e servizi“.
Abbiamo sottolineato la parola “generale” per evidenziare che se il rincaro coinvolgesse solo il pane, non saremmo in presenza di una vera e propria inflazione. Per essere considerata tale, dunque, l’aumento dei prezzi non deve riguardare soltanto alcune voci di spesa. Inoltre è necessario che il rincaro sia persistente, ossia protratto per un periodo di tempo lungo.
Chiarito il significato di inflazione, vediamo da dove nasce.
Perché c’è l’inflazione
Va detto subito che una vera e propria spiegazione del fenomeno dell’inflazione non c’è. O meglio, ci sono tantissimi fattori che interagiscono tra loro provocando l’aumento generale e persistente dei prezzi.
Ci sono diverse scuole di pensiero sul perché c’è l’inflazione.
Secondo una di queste (la scuola monetarista) quando c’è troppo denaro in circolazione le persone tendono a consumare di più, e se la produzione di beni e servizi non riesce ad adeguarsi, allora per bilanciare questa dinamica i prezzi salgono.
Secondo un’altra teoria (scola keynesiana, dal nome dall’economista Keynes) la crescita generale e persistente dei prezzi dipende dalla velocità con cui circola la moneta di mano in mano, a prescindere da quanta ce ne sia in circolazione.
Un’altra ancora (la scuola dell’inflazione da costi) ritiene c’è l’inflazione quando aumentano i costi di produzione di beni e servizi, e questo costringe chi li produce ad aumentare anche il prezzo per mantenere intatti i propri guadagni. Questo meccanismo può generare la cosiddetta spirale inflazionistica, per cui all’aumento dei prezzi segue un incremento dei salari che determina un’ulteriore crescita dei prezzi.
Conseguenze dell’inflazione
Al di là delle ragioni per cui c’è l’inflazione, ci sono poi le conseguenze di essa. La più preoccupante è il calo del potere d’acquisto. Se il mio reddito mi consentiva di comprare 1kg di pane ieri, oggi a causa del suo maggior prezzo ne posso comprare solo 950 grammi. Soltanto se il mio reddito aumentasse ALMENO allo stesso ritmo dell’inflazione, potrei continuare a comprare 1 kg di pane.
Chiaramente il nostro esempio è banale e semplicistico, perché detto così sembra una conseguenza di poco conto. Ma siccome abbiamo detto che l’inflazione è un aumento GENERALE dei prezzi, quindi non soltanto del pane, prova a immaginare cosa succede se il tuo reddito non aumenta nella stessa misura dell’incremento di tutti i prezzi. In questo caso, con la medesima quantità di denaro potrai comprare sempre meno beni e servizi rispetto a quelli che compravi prima.
L’inflazione colpisce anche i risparmi delle persone, perché perdono valore. Se investo 10mila euro in titoli di stato che danno un interesse del 2% ma nel frattempo l’inflazione cresce del 3%, alla fine otterrò una somma di denaro che “apparentemente” è più alta, ma in realtà mi consente di comprare meno beni e servizi rispetto a quando avevo i 10mila euro nascosti sotto il materasso.
L’inflazione non è un male
Per quanto detto finora può sembrare che l’inflazione sia sempre un fenomeno negativo. In realtà no. Se è contenuta entro certi limiti, viene considerata come un fattore positivo perché stimola la crescita economica.
Facciamo un esempio: se le persone si aspettano che i prezzi cresceranno, saranno invogliate a spendere i loro soldi oggi piuttosto che rimandare gli acquisti. L’aumento della richiesta spinge a sua volta le aziende a produrre per soddisfare questa forte domanda.
Ma qual è il valore ideale per l’inflazione? Ogni area economica, in base a cosa e quanto produce e cosa e quanto consuma, ha un proprio target ideale. In Europa, ad esempio, la nostra Banca Centrale Europea (BCE) ha fissato un obiettivo ideale di inflazione attorno al 2%.
Le conseguenze di una inflazione troppo bassa
Quanto appena detto fa capire anche le conseguenze di un’inflazione troppo bassa o addirittura negativa, ossia quando i prezzi addirittura scendono (in tal caso si parla di deflazione).
Sebbene in una fase iniziale può aumentare il potere d’acquisto dei risparmi, piano piano le cose cambiano perché l’economia – privata degli stimoli a produrre – comincia a rallentare, gli investimenti calano e nei casi più gravi può finire in recessione.
Come si calcola l’inflazione
Per misurare la dinamica dei prezzi, e capire quindi il tasso di inflazione di un Paese, si misura l’andamento del “paniere”, ossia un insieme di beni e servizi ritenuti essenziali, ossia che tutti comprano, e quelli che quasi tutti comprano abitualmente (pane, pasta, olio, burro, energia, tv, vestiti, ecc).
In Italia il compito di rilevare e monitorare l’andamento dell’inflazione è svolto da ISTAT, l’istituto nazionale di statistica.
Il “paniere” che viene utilizzato per misurare l’inflazione non è sempre lo stesso, ma viene adeguato di anno in anno a seconda di come evolvono la società e i suoi consumi. Nel 2025 ad esempio, sono stati inclusi – tra le altre cose – lo speck, il pantalone corto da donna, la lampada da soffitto. Ovviamente per prodotti che entrano nel paniere ISTAT, ce ne sono altri che anno dopo anno escono.
Come e chi “controlla” l’inflazione
Per tutto quello che abbiamo detto finora, appare chiaro che ogni Paese o area economica ha l’esigenza di controllare l’inflazione, in modo che non diventi mai troppo alta o troppo bassa. Altrimenti scaturiranno le conseguenze che abbiamo appena visto.
In Europa questo compito spetta alla BCE (banca centrale europea), che ha come obiettivo principale proprio mantenere la stabilità dei prezzi nell’Eurozona.
Lo strumento principale con il quale la BCE tiene sotto controllo l’inflazione è il tasso d’interesse, ovvero la remunerazione che la stessa banca centrale chiede alle banche commerciali per prestare loro denaro.
La manovra del tasso BCE e l’inflazione
Quando l’inflazione è troppo alta allora la BCE aumenta il tasso (si parla di politica monetaria restrittiva). La conseguenza è che le banche commerciali dovranno a loro volta aumentare i tassi sui prestiti a famiglie e imprese, che chiaramente ne chiederanno di meno e questo rallenta consumi e investimenti. Le persone, inoltre, tendono a risparmiare di più, perché aumentano i tassi sui depositi e sugli altri strumenti di risparmio. Di fronte a una richiesta dei beni e servizi che scende, le imprese dovranno abbassare i prezzi.
Quando l’inflazione è troppo bassa invece la BCE diminuisce il tasso (si parla di politica monetaria espansiva). La conseguenza è che le banche commerciali (dovrebbero) abbassare a loro volta aumentare i tassi sui prestiti a famiglie e imprese, che chiaramente ne chiederanno di più e questo aumenta consumi e investimenti. Di fronte a una richiesta dei beni e servizi che cresce, le imprese sono stimolate a produrre e potranno anche alzare i prezzi.
Va precisato che la manovra del tasso di interesse è il principale strumento per controllare l’inflazione, ma non l’unico. Un altro strumento è intervenire direttamente sui mercati finanziari con l’acquisto o la vendita di titoli. Se li acquista, allora di titoli sul mercato ce ne saranno meno e il loro rendimento aumenta, raffreddando l’economia e quindi l’inflazione. Se li vende accade il contrario, facendo risalire l’inflazione verso il livello desiderato.




















