Le tasse che pagano le grandi multinazionali potrebbero presto cambiare. Dagli USA lo scorso aprile è partita la proposta che potrebbe ridisegnare lo scenario delle tasse già tra un paio di mesi, quando ci sarà il G20 di Venezia.
La proposta sulle tasse uniche
La grandi società che operano in diversi Paesi potrebbero pagare una tassa unica del 15%, come giovedì scorso ha deciso dall’amministrazione Joe Biden. All’inizio si pensava che l’aliquota potesse arrivare al 21% – uguale cioè a quella che negli States pagano tutte le società, dopo la riforma fiscale di Trump – ma si è deciso per un approccio più soft.
Va precisato che l’aliquota proposta è solo quella minima, che il G20 potrebbe decidere di alzare. Anzi, il capo del Tesoro USA ha chiaramente detto che il dibattito internazionale deve porsi come obiettivo quella di rivederla al rialzo.
La rivoluzione
Se questo passo venisse compiuto, si tratterebbe di una bella rivoluzione. Infatti sarebbe più dura, da parte di alcuni Paesi (come Olanda, Irlanda e Lussemburgo), attirare le grandi mutlinazionali attraverso strizzatine d’occhio sotto il profilo fiscale. Accordi un po’ sleali tramite i quali si fanno pagare meno tasse, in cambio di posti di lavoro e investimenti.
Per questo motivo il problema reale non è l’ammontare dell’aliquota di questa tassa unica, bensì raggiungere un accordo politico il prima possibile.
…dopo si passerà alla web tax
L’importanza di giungere a questa tassa unica sulle multinazionali è anche ulteriore. Infatti un accordo potrebbe spingere anche il cammino della più ambiziosa web tax, che al momento procede per fatti suoi in ciascun Paese.
In Italia ad esempio, la web tax italiana si applica alle società con oltre 750 milioni di ricavi l’anno nel mondo di cui almeno 5,5 in Italia. Il presupposto è che l’utente che usufruisce del servizio tassabile si trovi su territorio italiano. In tal modo, si spera di far pagare circa 700 milioni ai grandi gruppi del web che oggi ne versano appena un decimo.