In Turchia si sta assistendo ad una fuga dalla Lira e una contemporanea corsa all’oro. La situazione economica si è surriscaldata a dismisura, e da settimane i negozi dei venditori di metallo prezioso straripano di clienti. Chi ha la possibilità, fa scorta di oro dopo aver visto crollare il potere di acquisto della valuta nazionale, che solo quest’anno ha perso il 20% del proprio valore.
Il crollo della Lira turca
I problemi della Lira e della Turchia non sono certo recenti, basta vedere un grafico point and figure trading per cogliere il tracollo della valuta nazionale. Negli ultimi cinque anni la valuta nazionale ha perso metà del proprio valore, ed era stata protagonista di un brusco tracollo nell’estate del 2018. Da quel periodo in realtà non si è mai ripresa davvero. Adesso la situazione si è nuovamente surriscaldata.
Nel Paese vigono norme stringenti sui movimenti di capitale, e il sultano Erdogan di fatto controlla anche la banca centrale. E’ stato lui a volere una politica monetaria suicida, che anziché alzare i tassi con l’intento di contrastare l’inflazione alle stelle, ha invece imposto alla CBRT di tagliarli. E nel frattempo ha prosciugato le riserve valutarie.
La corsa all’oro dei turchi
Il pessimismo comincia a farsi largo in modo prepotente, specie tra i cittadini turchi. La sfiducia nella capacità del governo di raddrizzare la barca che affonda continua a montare come una marea. Nessuno crede più che la lira possa risollevarsi nel prossimo futuro, e chi sa cosa sono gli indicatori leading, comprende che anche i mercati non hanno alcuna fiducia. Ecco perché corrono verso l’oro, tanto che nelle ultime due settimane i sudditi di Erdogan ne hanno comprato per 7 miliardi di dollari. Si mettono in fila agli sportelli delle banche per ritirare i risparmi e convertirli in oro. Allo stesso modo vendono le automobili e gli appartamenti.
Il malessere dell’economia turca è stato peggiorato dal Covid-19 e dal conseguente crollo di turisti stranieri. Oggi la nazione sul Bosforo rischia come minimo, anche a causa della forte dipendenza dalle importazioni, una crisi della bilancia dei pagamenti.
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